Quel che vale per te, non vale per me

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di Salvo Barbagallo

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Anche gli osservatori più sprovveduti o meno competenti e superficiali incominciano a rendersi conto che i giochi di potere internazionali, soprattutto quelli che portano avanti Stati Uniti d’America (e alleati) mirano esclusivamente (o quasi) alla leadership (politico-economica-militare) su territori non loro. E anche i più sprovveduti cittadini che seguono sui mass media gli attuali avvenimenti, spesso distorti perché di parte, incominciano a comprendere meglio il principio (diventato consuetudine) “quel che vale per te, non vale per me”.

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rusL’esodo dei migranti-profughi che bussano alla porta dell’Europa solo adesso sta mettendo in luce ciò che da tempo accade in Siria (e in diversi Paesi del Nord Africa): in Germania è esplosa l’esaltazione (?) della solidarietà verso i fuggitivi, in altre nazioni si sono alzate mura e posto reticolati per bloccare l’enorme flusso umano. L’attenzione è puntata principalmente su questa problematica, mentre non viene percepito pienamente cosa succede in Siria. Ma lo stesso discorso vale, per esempio, anche per quanto accade in Lìbia. In Siria i jet e i droni USA operano ufficialmente per combattere il Califfato jihadista e il terrorismo dei suoi militanti, così pure con la stessa finalità operano le moderne aviazioni di Gran Bretagna e Francia (ed altri alleati “locali”). Ora c’è preoccupazione perché sono scese in campo anche forze russe, dimenticando volutamente che Putin (da sempre) sostiene Bashar-al-Assad.

rus6Opportuna ed esauriente (in teoria) è giunta la dichiarazione del portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova: “La Russia non ha mai fatto segreto della sua cooperazione tecnico-militare con la Siria. La Federazione russa sta prendendo in considerazione misure extra per intensificare gli sforzi nella lotta al terrorismo. Se saranno richieste misure aggiuntive da parte nostra per aumentare il sostegno alla lotta al terrorismo daremo un’adeguata valutazione alla questione ma, in ogni caso, sulla base del diritto internazionale e della legislazione russa”.

rus1Di converso il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in riferimento alla presenza russa in Siria, parla di “gesti inutili che non contribuiranno a risolvere il conflitto”. Pochi giorni addietro il cancelliere britannico George Osborne, ha espresso chiaramente cosa era necessario: “Un piano per una Siria più stabile e in pace deve prevedere la lotta contro la radice del problema, il malvagio regime di Bashar al-Assad e i terroristi dell’Isis”. Come dire apertamente che il primo obbiettivo è togliere di mezzo Bashar al-Assad. In precedenza il generale Martin Dempsey, capo di stato maggiore delle forze armate Usa, era stato più esplicito: “La crisi siriana durerà vent’anni”, ma se si vuole risolvere in tempi brevi occorre “anche l’intervento della NATO”.

rus2La presenza militare USA e quella degli alleati americani è giustificata dalla finalità comune: eliminare il terrorismo, eliminare contemporaneamente Assad. Putin concorda sull’eliminazione del terrorismo jihadista, ma non su quella di Bashar al-Assad, alleato della Russia: ecco il motivo della “preoccupazione” statunitense sull’intervento in Siria di troppe russe.

Giorni addietro in un articolo su questo giornale (titolato “Molti avvoltoi svolazzano sulla Siria”) affermavamo che questi avvenimenti odierni sono “déjà-vu” che ci riportano indietro di quattro anni, quando si dette il via all’intervento militare in Libia del 2011 (intervento iniziato il 19 marzo ad opera di alcuni Paesi aderenti all’Organizzazione delle Nazioni Unite, autorizzati dalla risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza) che da lì a poco avrebbe spazzato via il dittatore Mu’ammar Gheddafi. In quel caso l’intervento militare era motivato ufficialmente per tutelare l’incolumità della popolazione civile dai combattimenti tra le forze lealiste a Gheddafi e le forze ribelli nell’ambito della prima guerra civile libica. A distanza di anni tutti conoscono (o riconoscono) che la situazione in Libia è peggiorata paurosamente.

Oggi la posizione attuale di Putin sembra altrettanto chiara, in netto contrasto con Usa & soci: Assad non deve fare la stessa fine di Gheddafi.

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